MONTAGNATERAPIA Progetto “ANNODAmenti”

La Montagnaterapia è indicata come un originale approccio metodologico terapeutico-riabilitativo e socio-educativo finalizzato alla prevenzione secondaria, alla cura e alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità, progettato per svolgersi nell’ambiente montano. Essa si rivolge alla globalità e all’inscindibilità dell’individuo, secondo il paradigma bio-psico-sociale, considerato nella relazione con il contesto”.

La montagna come ambiente naturale, per tanti aspetti ancora poco modificato dall’intervento umano, ricco di stimoli diversi, offre la possibilità di rendere dinamici il corpo e la mente. E’noto ai più che il camminare, il dormire nei rifugi, il condividere con gli altri non solo le difficoltà e la fatica ma anche la soddisfazione di aver raggiunto una meta o la semplice contemplazione di un tramonto a fine giornata, riattiva la capacità di stare in gruppo, lo svilupparsi di relazioni significative, l’empatia, rafforza l’autostima.

In montagna la persona si rende conto di essere una parte importante della realtà che la circonda, che le sue azioni possono aiutare non solo sé stessa ma anche gli altri, diventando così un anello importante all’interno del gruppo, impara ad affidarsi agli altri e a fidarsi degli altri, ad adottare un comportamento adeguato e responsabile per la sicurezza dei membri del gruppo, accompagnatori e pazienti.

Andando in montagna le differenze si annullano, non ci sono distinzioni tra operatori e utenti; camminare in mezzo alla natura, affrontare le difficoltà e la fatica in gruppo può far sentire la persona capace di superare gli ostacoli. Il corpo inoltre, spesso “dimenticato” dal paziente stesso, riacquista il suo valore, diventa oggetto di cure e recupera le valenze comunicative.

Per questo motivo Giulio Scoppola, psicoterapeuta, psicologo e istruttore di alpinismo del CAI sostiene che la montagna terapia “può trovare un posto accanto ad altre metodiche cliniche che popolano l’affollatissima galassia delle terapie nel campo psicologico e psichiatrico. Come la musicoterapia e l’hippoterapia, solo per fare due esempi”.

Questa esperienza, quindi, va oltre il campo proprio della psichiatria ed ha come soggetto la montagna vissuta in ambito introspettivo, lontano dai disturbi e dalle dissonanze della città e dell’ambiente dove lavoriamo, con la continua sovraesposizione a rumori, luci e relazioni. L’alpinismo è vissuto come gioco e avventura dove è consentito sperimentare il rapporto con le difficoltà, il senso del limite, il non farsi sopraffare dalle proprie paure e consente al paziente psicotico di uscire dalla sua ansia, di vivere il tempo come entità che scorre e di ri-accedere ad una parte del proprio mondo interiore.

Il camminare ha in sé degli aspetti positivi. Come scrive bene Le Breton “l’esperienza della marcia decentra da sé e ripristina il mondo, inscrivendo l’uomo nei limiti che lo richiamano alla sua fragilità e alla sua forza. Stimola continuamente nell’uomo il desiderio di comprendere, di individuare il suo posto nella trama del mondo, di interrogarsi su ciò che stabilisce il legame con gli altri”.

L’atto di camminare riporta l’uomo alla coscienza del proprio esistere, dell’esserci e rappresenta un modo per riprendere il contatto con se stessi, con il proprio corpo, la propria mente, con il proprio ruolo nel mondo. Camminando compiamo un viaggio metaforico dentro noi stessi, un po’ come consiglia Thoreau “Volgi il tuo occhio all’interno e scoprirai migliaia di regioni, nel tuo cuore, vergini ancora. Viaggiale tutte e fatti esperto di cosmografia interiore”. Camminiamo quindi non solo con le gambe ma anche con gli occhi e con la mente, esercitando il pensiero.

Camminando sperimentiamo un nuovo modo di concepire il tempo. Chi cammina non attraversa solo lo spazio ma si colloca anche nel tempo che viene scandito da tutta una serie di eventi di cui si riappropria (i pasti, il riposo, il sonno, il silenzio, etc.), riscopre la bellezza e la funzione del silenzio, la capacità di coglierlo e viverlo dentro senza l’irrefrenabile desiderio di riempire il vuoto che crea, e la possibilità di riflettere sul proprio autocontrollo ed equilibrio emotivo.

 

Il progetto “ANNODAmenti”, nato sulla base di questi presupposti, è un progetto del Dipartimento di Salute Mentale dell’Aulss 1 Dolomiti di Belluno con la collaborazione del Club Alpino Italiano – Coordinamento Sezioni Dolomiti Bellunesi.
Ideatore e responsabile del progetto è il Dott. Angelo Brega, Direttore dell’U.O.C. di Psichiatria di Feltre, nonché membro della Commissione Medica Interregionale del CAI Veneto-FVG e socio fondatore di SiMONT (Società Italiana di Montagnaterapia), che ha all’attivo un importante percorso nell’ambito dello sviluppo di progetti per la promozione di attività riabilitative legate all’attività fisica e i volontari del CAI. Le rispettive competenze, in ambito sanitario, socio-educativo e riabilitativo e in quello legato alla frequentazione della montagna, hanno così la possibilità di confrontarsi e di fondersi in un lavoro sinergico.
Il gruppo di operatori del Centro di Salute Mentale che partecipa a questo progetto fornisce la “cornice riabilitativa” all’interno della quale si sviluppa l’esperienza del camminare in montagna, facilitando l’individuazione degli obiettivi da raggiungere e fornendo elementi teorici e pratici che facilitano la gestione del gruppo e dei singoli partecipanti, monitora i risultati, interviene e risolve eventuali problemi di gestione dei pazienti, svolge una funzione di tutoraggio.

Gli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere sono quelli di favorire l’aggregazione e la socializzazione di utenti in carico ai Centri di Salute Mentale, siano essi pazienti territoriali che pazienti inseriti nelle strutture riabilitative del Dipartimento di Salute Mentale; favorire il contatto con realtà “esterne” creando opportunità d’incontro e frequentazione con associazioni e persone al di fuori del circuito psichiatrico e favorendo la socializzazione, in un’ottica di superamento dello stigma della malattia mentale. La montagna pone tutti sullo stesso piano e accoglie tutti allo stesso modo, migliorando le relazioni sociali e le abilità; stimolare la ripresa del contatto con il proprio corpo per scoprire possibilità inattese, risorse non utilizzate, reciprocità relazionali. Ritrovarsi ad essere “capaci di …” è parte imprescindibile della cura; accrescere la conoscenza di sé e l’autostima attraverso il confronto con gli altri e con l’ambiente; acquisire conoscenze e competenze sul piano tecnico (orientamento, meteorologia), nel campo della manualità, dell’uso appropriato dell’attrezzatura.

Come gruppo ci proponiamo di mantenere una camminata al mese: sul Campon d’Avena, in Val di San Martino per raggiungere il Pian dei Violini, su per le Malghe sopra Valmorel, una camminata nel canyon del Bus del Buson in direzione di Case Bortot, lungo il sentiero naturalistico sul Monte Miesna, abbiamo visitato la Diga del Vajont, luogo della memoria per poi addentrarci nelle viuzze strette del paese di Casso. A volte con il sole a volte con la pioggia, ma sempre con l’entusiasmo della scoperta dei luoghi.
Ci aspettano altre uscite in compagnia del Gruppo di Montagnaterapia di Belluno e, quando è possibile, con il Gruppo di Oderzo. Occasioni preziose di scambio, di socializzazione, di condivisione e di amicizia che arricchiscono la vita di ognuno di noi.

“Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirci buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. E tutto questo, perché siamo più vicini al cielo” (Emilie Cemici)

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